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Arianesimo

Grazie all'autore di questo post, Marco Villa


Introduzione:
L'Arianesimo, il donatismo e il nestorianesimo sono state le maggiori eresie della Chiesa Cristiana dal 325, anno del Concilio di Nicea, al 451, anno del Concilio di Calcedonia.
Enucleando solo queste tre non dobbiamo escludere altre eresie che esistevano contemporaneamente ma erano di minore impatto ed entità. Molte di esse morivano da sole.
Per le eresie sopracitate invece comparivano nuovi elementi: la grande diffusione che hanno avuto in Oriente, l'intervento diretto degli imperatori a dirimere le controversie e infine la prima presenza di concili generali all'interno della Chiesa.
Nel dettaglio analizzeremo le grandi eresie definita “delle origini” attraverso tappe cronologiche:

La dottrina ariana: Cristo è inferiore a Dio.


L'eresia ariana (da Ario, diacono di Alessandria sotto il vescovo Alessandro, suo acerrimo nemico) sorse in origine in contrasto con le idee del libico Sabellio, che poneva l'accento sull'unità di Dio il quale si manifesta in tre opere precise:
  1. in quanto Padre ha creato il mondo e donando agli uomini la Legge del Libro
  2. in quanto Figlio sacrificandosi per salvare il genere umano
  3. in quanto Spirito Santo santificando e trasmettendo la grazia
Dio inoltre (la Monade divina) si espande nelle varie fasi delle tre funzioni divine: il Padre si manifestava come Figlio e infine come Spirito Santo.
La vera origine della dottrina ariana va ricercata in Luciano d'Antiochia, di cui Ario fu discepolo. Anche se quest'ultimo, come i suoi seguaci, si affermava discepolo di san Luciano (morto nel 312), prete martire di Antiochia.
Ario, contrariamente a Sabellio, era allarmato profondamente dalla figura del Dio sofferente sulla croce. Essendo Dio un essere perfetto non poteva né soffrire né morire in alcun modo. Di conseguenza la contraddizione teologica poteva essere smossa solamente ammettendo che Cristo era inferiore al Padre in scala gerarchica, come se fosse una sorta di Dio inferiore. Gli ariani credevano che Dio si fosse “incarnato” in un corpo veramente umano occupando il posto dell'anima e così facendo acquistando la facoltà di soffrire e di morire. La dottrina di Ario, spiegando efficacemente la morte di Cristo sulla croce, non negava l'unità di Dio anche se si poteva opporre una critica forte alla nascita così facendo di due divinità diseguali, che limitano fortemente la divinità di Cristo. Lo Spirito Santo era stato generato da Dio Padre mediante il Figlio e privo di natura divina, per cui nella gerarchia celeste era al di sopra degli angeli.
L’Arianesimo infine scalzava l’idea cristiana della redenzione compiuta attraverso il sacrificio di Cristo e quindi gli uomini non potevano sperare di essere salvati se il loro Redentore non era pari a Dio. Questo punto è fondamentale visto che, principalmente, l’Arianesimo doveva essere la spiegazione del mistero della Redenzione.
La controversia ariana fu una delle più lunghe e gravi della storia della Chiesa, essendo durata un secolo e avendo lasciato strascichi in quelli successivi. I gravi contrasti nella chiesa antiochena e il dilagare della dottrina eretica nelle provincie orientali costrinsero l'imperatore Costantino, da poco unico imperatore, a prendere la situazione in mano per giungere alla concordia e all'unità della chiesa cristiana. All'imperatore però l'oggetto del contendere gli appariva di poco conto, “insignificante”, anche se appariva desideroso di concordia all'interno della Chiesa.
Una prima forte condanna all'Arianesimo avvenne al famoso Concilio di Nicea del 325, a cui sembra giusto, per l'importanza che ha avuto nella storia della Chiesa e della società umana, dargli il giusto spazio.

I fondamenti biblici a sostegno di Ario


Dietro a questa dottrina esisteva un fondamento teologico basato sull’individuazione, lettura e interpretazione di alcuni passi del Vangelo.
I passi biblici si basavano principalmente sulle caratteristiche umane di Gesù: la sofferenza, i dubbi, l’essere soggetto ai disagi umani.
Nei testi ariani due passi tratti dal Vangelo secondo Marco venivano citati con frequenza:
<<”Maestro buono, che cosa devo fare per ottenere la vita eterna?”. Gesù gli disse: “Perché mi chiami buono? Nessuno è buono se non Dio solo”>> (Mc 10, 17-18).
<> (Mc 13, 30-32)
Materiale a favore della dottrina ariana veniva trovato anche nel Vangelo secondo Giovanni:
<> (Gv 14, 28)
<> (Gv 17, 1-3)
<> (Gv 20, 17)
Anche dal Libro dei Proverbi (8, 22-27) venivano citati dei passi, a proposito della dimostrazione della “poiein” di Cristo in confronto alla sua “gennan”.

325, il I Concilio di Nicea.

Il Concilio di Nicea del 325, il primo di due, si aprì il 20 maggio nella sala grande del Palazzo imperiale. Furono convocati 300 vescovi circa (secondo Atanasio furono 318, numero di forte reminiscenza biblica. Da questo dato, accettato lungo i secoli un po' da tutti, il Concilio di Nicea si chiamò anche “dei 318 Padri”). I vescovi, qualunque numero siano stati, erano in prevalenza orientali di tutte le province. Fra gli occidentali primeggiava Osio di Cordova, fiduciario del Papa di Roma (Papa è un titolo onorifico che lo possono solo fregiare il patriarca copto di Alessandria e il patriarca vescovo di Roma; c'è da aggiungere che all'epoca il vescovo di Roma non aveva ancora quel potere religioso all'interno della Chiesa che conosciamo oggi) e vescovo di fiducia di Costantino.
Papa Silvestro (sostituito da Osio, come abbiamo visto) deteneva la presidenza del Concilio insieme a Costantino in qualità di pontifex maximus. Era il primo concilio generale di tutta la Cristianità, anche se la presenza della parte orientale era superiore rispetto alla parte occidentale. Questo era dato, oltre alla vicinanza di Nicea alle sedi orientali, anche dalla difficoltà degli spostamenti e dalla durata del viaggio che per i vescovi occidentali era lunga. Nonché, infine, i vescovi della pars occidentis si sentivano meno coinvolti dalla controversia, quindi meno propensi a spostarsi per questioni che riguardavano di primo acchitto la pars orientis.
Ario veniva anatemizzato così come la sua dottrina mediante la scrittura e la promulgazione del Credo, che sanciva che Cristo era Omousion to Patrò (uguale al Padre). Nel primo testo del Credo (verrà rielaborato in alcune parti nel Concilio di Calcedonia del 451), compare l’ortodossia della figura di Cristo nella sua forma più sacra. Infatti il testo, qui nella sua versione latina, recita che:
“Credemus in unum deum patrem omnipotentem omnium visibilium necnon et invisibilium factorem et in unum dominum nostrum Iesum Christum, filium dei, natum ex patre unigenitum, hoc est, ex substantia patris, deum ex deo, lumen ex lumine, deum verum ex deo vero, natum, non creatum, omousion, hoc est eiusdem cum patre substantiae[…]”
Il termine greco, non avendo un corrispettivo in latino, viene semplicemente traslitterato in modo da conservare in pieno tutto il suo significato.
Il Concilio di Nicea, come succederà nei successivi concili ecumenici della Chiesa, non trattava solo questioni di rilevanza come, per esempio a Nicea, l’eresia ariana, ma anche altri argomenti. Furono promulgati 20 canoni, di cui molti di ordine generale e organizzativo all'interno delle diocesi. Qui di seguito, sempre dalla versione latina, ci sono i punti che sono stati discussi:
I     De eunuchis, qui seipsos abscidunt.
II    De his, qui post baptisma statim ad clerum applicantur.
III     De subintroductis mulieribus.
IIII     Qualiter episcopi debeant ordinari.
V     De excommunicatis clericis vel laicis.
VI     De primatibus episcoporum metropolitanorum.
VII     De honore episcopali Hierosolimitani.
VIII     De Novatianis.
VIIII     De presbyteris sine examinatione constitutis.
X     De lapsis clericis ordinatis.
XI     De his, qui sponte lapsi sunt, qualiter debeant poenitere.
XII     De excommunicatis a saeculo abeuntibus.
XIII     De caticuminis lapsis.
XIIII     De diaconibus, ne presbyteris corpus Christi tradant vel ante presbyteros communicent.
XV     De clericis temere ab ecclesia recedentibus.
XVI     De presbyteris et diaconibus vel clericis, qui ad alias civitates transeunt.
XVII     De clericis alienis sine conhibentia proprii episcopi ab alio in suam ecclesiam non ordinandis.
XVIII     De clericis usuram aut ampliationem accipientibus.
XIX.     De Paulianistis et Catafrigis rebaptizandis.
XX.    De diebus dominicis et Pentecostes, ut in eis stantes oremus. Cum convenisset hoc sanctum et magnum concilium apud Nicenam civitatem provinciae Bitiniae, statuta sunt ab eis haec, quae infra scripta sunt, ex Graeco in Latinun versa sermonem.

Omousios: un termine non biblico a difesa dell'ortodossia.


Omousios è un termine non rintracciabile nelle Sacre Scritture. Così per sottolineare con forza la parità delle due figure all’interno della Trinità si scelse di usare un termine che apparteneva alla terminologia filosofica
Οusia è un termine che significa “essenza”. Il Figlio infatti derivava dall’essenza del Padre, essendo come lui. Difatti per sottolineare l’omogeneità si scelse il termine Omousios.
Veniamo all’origine della parola: mentre Ousia era già stato usato dai teologi cristiani prelevandolo  dalla precedente tradizione filosofica pagana, Omousios aveva un’origine opposta. Difatti derivava dalla cultura gnostica, presente nell’area del bacino orientale in concomitanza con le prime eresie cristiane. Quindi “Omousios” oscilla a metà tra teologia e filosofia.
Lo gnosticismo (è giusto spenderci due parole anche se sarebbe più corretto dedicare un intero articolo) era una dottrina filosofico-religiosa in cui gli adepti pretendevano di avere una conoscenza totale e privilegiata della divinità. Non esiste uno “gnosticismo” ufficiale, erano un insieme di gruppi di dottrine formatesi ai margini della religione ebraica e cristiana. La caratteristica principale degli gnostici era di “occultare” la loro dottrina nei testi delle religioni più diffuse. L’esistenza di molti Vangeli “gnostici” prova le capacità degli adepti a far passare aspetti del loro culto all’interno del Cristianesimo. Alcuni gruppi erano nati alla figura di un fondatore (come Simon Mago, Basilide, Carpocrate, Valentino, tanto per citarne alcuni) o sette designate da un nome collettivo (gli ofiti, nicolaiti, cainiti, ecc…).  La conoscenza avveniva per illuminazione improvvisa e definitiva che era riservata ad alcuni iniziati. Gli gnostici avevano una spiccata predilezione per la dottrina dell’emanazione. La materia (come il corpo) era considerata malvagia; di conseguenza gli gnostici rifiutavano la teoria dell’incarnazione e della resurrezione della carne. Questo principio di dualismo (bene-male; illuminazione-materia) portava gli adepti a forti pratiche di ascetismo e gli illuminati possedevano forti connotati di amoralismo. Essi si sentivano superiori a qualsiasi autorità visto che erano protetti da un demiurgo inferiore. Alcuni aspetti dello gnosticismo saranno la base di alcune eresie cristiane del basso medioevo come i bogomili nell’impero bizantino o i più conosciuti catari nel Midi francese.

L’affermazione dell’Arianesimo sotto l’imperatore Costanzo e la sconfitta nel 380 d.C.

Costanzo II, che si interessò come il padre di questioni religiose, impresse all’impero un nuovo corso prestando il proprio consenso all’Arianesimo. Nel 341 (Ario era morto nel 336 e il suo credo era portato avanti da apologisti greci) Costanzo II riunì novantasette vescovi ad Antiochia (quasi tutti confacenti alla parte orientale dell’impero), e riabilitò l’Arianesimo riuscendo a mantenere le decisioni prese a Nicea da suo padre. Essi redassero un altro documento avente carattere supplementare, ma la cui ostilità nei riguardi dei nemici di Ario stava a significare che non si era riusciti a raggiungere lo scopo che l’imperatore si era proposto.
Questo avvenimento spaccò l’impero in due parti ben contraddistinte: la parte occidentale, guidata da Costante I (fratello di Costanzo II), fedele all’ortodossia, e infine la parte orientale seguace delle dottrine ariane (anche se ufficialmente rimasero fedeli a Nicea).
Nella speranza di salvare il salvabile, non volendo creare una scissione della Chiesa, i due imperatori convocarono con urgenza un concilio a Serdica nel 342, con la partecipazione del clero occidentale e orientale. Come previsto l’assemblea si divise in due partiti avversi che si assalirono con reciproco lancio di anatemi. A dispetto di ciò si giunse a una soluzione comune, anche se questo avvenne sotto forte pressione imperiale e a costo di taciti compromessi teologici da ambedue gli schieramenti.
Pochi anni dopo, quando Costanzo II sconfisse a Mursa Maior Magnenzio, il vescovo ariano di Mursa, Valente, fu uno dei più ferventi sostenitori di Costanzo. Questo ne conseguì una nuova serie di sinodi, come per esempio quello di Arelate del 353 e quello di Mediolanum del 355, con l’imperatore che riuscì ad ottenere la condanna del vescovo di Alessandria Atanasio, il più fiero nemico dell’Arianesimo. A lui subentrò nel patriarcato Giorgio di Cappadocia, un ariano radicale. La stessa cosa avvenne in Antiochia.
Nello stesso decennio avvennero altri fatti degni di nota: nel 359 Costanzo II tenne un nuovo concilio con due riunioni separate: nella città di Ariminum, in Italia, per il clero occidentale, e a Seleucia ad Calycadnum in Cilicia per il clero orientale.
Valente riuscì a far convergere i rappresentanti occidentali camuffando leggermente la dottrina ariana. Riuscì a evitare nella nuova definizione la parola “ousia” (natura), molto scomoda teologicamente, e sostenendo semplicemente la similarietà del Figlio al Padre. Nel medesimo arco temporale erano sopravvenute altre interpretazioni sulla natura di Cristo: da quella di Ezio, pensatore antiocheno che dichiarò la natura del Figlio era diversa (anomios) da quella del Padre, a quella di Basilio di Ancyra, che invece tentò di salvare l’omousios in tutta la sua forma, essendo secondo lui l’unico termine capace di salvare l’unità della Chiesa.
I contrasti non cessarono: Costanzo II non era riuscito, appoggiando la definizione imprecisa ma molto aperta di significato di Valente, a unificare la Chiesa. Molti vescovi vennero allontanati dalla loro sede perchè non conformi alla nuova opinione, rimpiazzati da vescovi filo-ariani. Questa sorta toccò pure a Papa Liberio (352-366), che Costanzo II fece deporre e relegare a Berea in Tracia. Al suo posto fu eletto l'antipapa, di ispirazione ariana, Felice II (355-365). Papa Liberio poté rientrare ad occupare la sua sede, solo dopo aver firmato un documento molto vicino alle tesi ariane.
Nel 360 Basilio e Atanasio, strinsero un patto per sconfiggere definitivamente la dottrina ariana. Atanasio, vescovo di Alessandria, fu uno dei maggiori oppositori.
L’anno seguente avvenne la morte inaspettata di Costanzo II e l’ascesa di Giuliano. Nel 362, appena un anno dopo la morte di Costanzo II, Atanasio convocò nella sua Alessandria un concilio d'oriente che, con grande prova di larghezza d'animo, pose fine a tutte le dispute dogmatiche, facendo semplicemente rivivere i decreti del concilio di Nicea rifuggendo da qualsiasi discussione di termini. Questo pose fine momentaneamente alle lotte all’interno della Cristianità. Durante il suo regno, Giuliano ritornò momentaneamente ai culti pagani, offrendo un pò di respiro ai cristiani non ariani permettendo loro di rientrare dall’esilio.
Dopo la parentesi di Giuliano, ascese all’impero Teodosio, che mise la parola fine all’Arianesimo. Difatti nel 380 emise (insieme con Graziano e Valentiniano II, che all’epoca aveva solo 8 anni) il celeberrimo Editto di Tessalonica (Cunctos populos), riportò l’ortodossia alle decisioni di Nicea con la seguente frase:
“[...] hoc est, ut secundum apostolicam disciplinam evangelicamque doctrinam patris et filii et spiritus sancti unam deitatem sub pari maiestate et sub pia trinitate credamus. Hanc legem sequentes Christianorum catholicorum nomen iubemus amplecti, reliquos vero dementes vesanosque iudicantes haeretici dogmatis infamiam sustinere ‘nec conciliabula eorum ecclesiarum nomen accipere’, divina primum vindicta, post etiam motus nostri, quem ex caelesti arbitro sumpserimus, ultione plectendos.”
Il credo niceno era così ristabilito e la battaglia di Basilio e Atanasio, così facendo,  potè dirsi vinta.

La sua diffusione tra i barbari e le ripercussioni successive in occidente.

L’Arianesimo, come si potrebbe aspettare, non scomparve del tutto. Il sostrato ariano continuò a vivere all’interno dell’impero romano e, a partire dal IV-V secolo, divenne il cristianesimo ufficiale delle popolazioni barbariche. Non di tutte però, come vedremo più avanti.
La cristianizzazione di codeste popolazioni avvenne in circostanze poco chiare e in periodi molto differenti. Il punto di partenza di questo revival dell’Arianesimo  è Ulfila il Goto, primo apostolo dei goti (il “popolo” dei goti nei manuali di storia dev’essere ricondotto anche alle popolazioni degli ostrogoti e dei visigoti, che rappresentano due delle popolazioni di questa confederazione) e evangelizzatore della sua stessa gente.
Ulfila conosceva più lingue (parlava bene sia il greco e il latino) e venne inviato più volte a Costantinopoli come ambasciatore, dove aveva preso contatti con l'ala più moderata degli ariani.
Nella capitale imperiale conobbe Eusebio di Nicomedia, che lo convertì al cristianesimo ariano. Nel 348, poco più che trentenne, fu scelto come vescovo presso i goti.
A seguito delle persecuzioni di re Atanarico, si stanziò con una parte dei goti nella regione di Nicopoli, nella Mesia inferiore (all’incirca tra l’attuale Romania e Bulgaria). Ulfila tradusse tutto l’Antico Testamento (eccetto il Libro dei Re) e il Nuovo Testamento in lingua gota. La Bibblia gotica, o di Ulfila, ha un grande valore storico, religioso e letterario; li valse il titolo di primo monumento dell’antica lingua germanica, ormai estinta. La traduzione dal greco (e anche dal latino, visto che il testo contiene alcuni riferimenti alla Vetus Latina) al goto difatti non fu molto agevole: Ulfila dovette anche inventare i caratteri della lingua, prendendo caratteri dal greco, dal latino e dalla lingua runica. I goti non possedevano una cultura scritta e quindi era necessario creare dal nulla, come fece Ulfila, una nuova lingua scritta, inventando un alfabeto e coniando nuove parole.
Con la conversione dei goti, dei vandali e dei longobardi (per citare tre dei maggiori gruppi germanici), assistiamo nel V-VI alla massima diffusione dell’eresia ariana in Europa. L’unico popolo a staccarsi nettamente dal gruppo ariano e a diventare immediatamente cristiano-cattolico fu quello dei franchi. Grazie ai visigoti l’Arianesimo arrivò in Spagna, dove si scontrò con il cattolicesimo dei romano-iberi, e grazie agli ostrogoti invece in Italia. A Ravenna è presente ancora una testimonianza di questo “dualismo” religioso: durante il regno di Teodorico venne fondato il Battistero degli Ariani, annesso alla vicina Cattedrale degli Ariani (fig.1-2), ora Chiesa del Santo Spirito (fig.3). Nella stessa città è presente pure il Battistero degli “Ortodossi”, o Neoniano (fig.4-5).
La situazione religiosa dell’Italia centro-settentrionale si “risolse” con la conquista giustinianea del 535-553, dopo la sanguinosa e turbolenta guerra greco-gotica. La riconquista e la riunificazione dell’Italia all’impero permise anche un’unione formale del credo cristiano, anche se sarebbe da sciocchi credere a una sparizione dell’eresia ariana, praticata tra la popolazione gota presente. Il problema del dualismo religioso si riaccese pochi anni dopo con l’invasione longobarda dell’Italia settentrionale (568).
Sulla cristianizzazione dei longobardi non si hanno molte notizie. Probabilmente, verso il 540, una parte dei ceti superiori longobardi, all’epoca del re Vacone, si sia convertita al cattolicesimo essendo i longobardi diventati federati di Bisanzio. Verso invece il 560 sotto Alboino, probabilmente per ottenere il sostegno dei goti, divennero ariani. Questi “salti” di religione non sono inconsueti, perchè per lo più vennero effettuati solo per fini politici.
Solo quando si stanziarono in Italia i longobardi subirono fortemente l’impegno missionario del cattolicesimo, al punto che Autari proibì di far battezzare cattolici i loro figli. Così facendo tamponava l’insorgere di una possibile spaccatura del suo popolo per motivi religiosi e un’assimilazione alle popolazioni autoctone dei romani. Durante il regno di Agilulfo avvenne il cambiamento definitivo. Sotto l’impulso energico di Teodolinda, moglie di Agilulfo e di religione cattolica, dopo un iniziale appoggio durante lo Scisma Tricapitolino al patriarca di Aquileia, la regina cercò un avvicinamento con la Chiesa di papa Gregorio Magno, con il quale intratteneva uno scambio epistolare. Furono restituiti così beni alla Chiesa, reinsediati vescovi e avviati sforzi per ricomporre lo Scisma. Il figlio di Agilulfo e Teodolinda ed erede al trono, Adaloaldo, fu battezzato con rito cattolico nel 603. Altra data importante è il 614 con la fondazione del monastero di Bobbio, culime di una politica di aperto incoraggiamento della coppia regale alla riforma monastica di san Colombano.

Apparato iconografico:

Fig.1: Battistero degli Ariani, Ravenna             


 












Fig.2: Mosaico centrale della cupola nel Battistero degli Ariani raffigurante il Battesimo di Cristo.
Fig.3: Cattedrale degli Ariani, ora Chiesa del Santo Spirito, Ravenna         

 

















Fig. 4: Battistero degli Ortodossi o Neoniano, Ravenna
Fig. 5: Mosaico centrale della cupola nel Battistero degli Ortodossi raffigurante il Battesimo di Cristo.