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La guerra del Vietnam (parte terza)

Grazie all'autrice di questo post, Sara P.
-La guerra del Vietnam (parte terza)

Proteste contro la guerra davanti al Pentagono
Johnson era insoddisfatto della politica esistente e decise di dare subito inizio alla de-escalation: l'obiettivo degli Stati Uniti di arrivare ad un Vietnam del Sud indipendente e non comunista era ormai lontano. Egli respinse quindi la richiesta di Westmoreland e lo fece rientrare negli USA, nominandolo capo di Stato Maggiore dell'esercito. Inoltre, Johnson annunciò il 31 marzo una parziale cessazione unilaterale dei bombardamenti e invitò i Nordvietnamiti ad adottare una politica di contenimento nonché a mostrarsi disponibili a trattare. Egli concluse il suo discorso dichiarando che non si sarebbe candidato alle elezioni successive. Con questo ebbe dunque fine l'escalation americana del conflitto.

A Parigi il 13 maggio 1968 si riaprirono allora le trattative di pace, che però si arenarono subito. Nell'estate dello stesso anno i democratici premettero per azioni più decise verso la pace, e Johnson decise di interrompere i bombardamenti sul Nord. Hanoi, da parte sua, accettò le condizioni elaborate dagli Americani che consistevano nell'interruzione degli attacchi coi razzi sulle città, il rispetto della zona smilitarizzata e la partecipazione sia di Saigon che del FNL. Le trattative avrebbero dovuto avere inizio il 6 novembre, due giorni dopo le elezioni presidenziali negli Stati Uniti; le reazioni dell'opinione pubblica americana furono immediate: la posizione di Humphrey nei sondaggi salì fino a raggiungere Nixon, il candidato repubblicano in vantaggio. Le trattative vennero però sabotate tre giorni prima delle elezioni sia dagli Stati Uniti che da Thieu.

Nonostante la rimonta di Humphrey, fu Nixon a vincere le elezioni; egli fu un sostenitore della guerra per molto tempo, ma si rendeva conto che un'opinione pubblica divisa non avrebbe tollerato ancora per molto tempo il perdurare del conflitto. Egli desiderava però porre fine alla guerra secondo quella che lui stesso definì “pace con onore”: in Vietnam questo voleva dire il ritiro degli USA senza l'onta della sconfitta e con un Vietnam del Sud indipendente e non comunista.

La nuova amministrazione quindi cercò di conseguire quest'obiettivo seguendo la politica del “combattere mentre si negozia”. Nixon e il suo Consigliere per la Sicurezza nazionale, Henry Kissinger, erano infatti entrati alla Casa Bianca con la convinzione che una soluzione militare fosse ancora possibile e che si potesse porre fine alla guerra entro un anno. Per quanto concerne la strategia militare, essa comprendeva una campagna di bombardamenti diretta contro le basi comuniste situate al di là del confine cambogiano; temendo la reazione contro la guerra, Nixon decise di mantenere il segreto su questo allargamento delle operazioni belliche.

Oltre all'offensiva militare, Kissinger e Nixon diedero inizio ad un'offensiva diplomatica; i colloqui di pace a Parigi non avevano portato a nessun risultato, ma i negoziati con la presenza di tutti e quattro i protagonisti (Stati Uniti, Vietnam del Sud, Vietnam del Nord e FNL) ebbero inizio il 25 gennaio 1969. L'amministrazione aveva bisogno di tempo perché queste iniziative producessero dei risultati e Nixon mise in pratica la politica della vietnamizzazione: egli prevedeva che nel giro di qualche anno e col costante aiuto degli USA, Saigon sarebbe riuscita a resistere agli attacchi comunisti e a reggersi sulle sue gambe con un governo indipendente da qualsiasi potenza straniera.

A giugno Nixon incontrò Thieu alle Midway e gli comunicò le sue decisioni in merito alla vietnamizzazione del conflitto. Thieu espresse il suo bisogno di tempo e di risorse per rafforzare il suo esercito e sostenne soprattutto che il ritiro degli Stati Uniti avrebbe causato una forte demoralizzazione in tutto il paese.

Dal canto suo, Hanoi restava ferma sulle sue posizioni per quanto riguardava la sua partecipazione ai negoziati, continuando a chiedere l'interruzione dei bombardamenti ed esigendo come interlocutore, al posto del governo di Thieu, un governo che comprendesse anche il FNL e pretendendo il ritiro preventivo delle truppe americane. Nixon comunicò allora ad Ho Chi Minh in via confidenziale che se non ci fossero stati dei passi avanti, avrebbe dato inizio ad un attacco contro il Nord. Hanoi non rimase turbata da questa minaccia e restò ferma sulle sue posizioni; inoltre, negli USA alcuni membri del governo misero in guardia Nixon che una nuova escalation militare non sarebbe stata tollerata, pertanto Nixon dovette fare marcia indietro e ritirare le minacce.

Nel frattempo, le manifestazioni contro la guerra dell'autunno del 1969 furono molto massicce e notevoli, ma nascevano sostanzialmente da una risposta spontanea a episodi specifici piuttosto che da una pianificazione a lungo termine, anche perché grazie alla vietnamizzazione il numero dei soldati americani in Vietnam stava diminuendo. Nonostante i miglioramenti dell'esercito sudvietnamita dovuti all'addestramento impartito dagli Americani, la vietnamizzazione non modificò in modo sostanziale la situazione in Vietnam. I funzionari americani erano quasi tutti concordi nel ritenere che i Sudvietnamiti non avrebbero resistito agli attacchi delle truppe nordvietnamite e dei guerriglieri senza l'aiuto statunitense. Nella primavera del 1970 i punti deboli della vietnamizzazione cominciarono a preoccupare Nixon .

Altro elemento preoccupante era l'estensione del conflitto dal Vietnam alla vicina Cambogia, dove l'Assemblea nazionale cambogiana destituì il governo di Sihanouk, insediando al suo posto il governo del filoamericano Lon Nol, il quale chiese il ritiro immediato delle truppe vietnamite che erano presenti sul territorio. Le truppe sudvietnamite effettuarono azioni oltreconfine su indicazione degli Americani, mentre gli Stati Uniti fornivano aiuti militari occulti a Lon Nol.

Nixon diede anche il suo assenso a due azioni congiunte delle truppe americane e sudvietnamite al di là del confine cambogiano . La sua decisione di invadere la Cambogia, annunciata il 30 aprile 1970, provocò un grande shock nell'opinione pubblica americana , desiderosa invece che la guerra finisse definitivamente. Il presidente riuscì a superare la crisi e decise il ritiro delle truppe alla fine di giugno, ma nel 1971 si ebbe un ulteriore allargamento del conflitto, questa volta in Laos.

Fin dal '62 l'America aveva sostenuto il governo laotiano del neutrale Souvanna Phouma, mentre il Vietnam del Nord sosteneva i comunisti laotiani denominati Pathet Lao. Poiché il sentiero di Ho Chi Minh attraversava il Laos orientale, gli USA sganciarono tonnellate di bombe sul paese, e sotto la presidenza Nixon i bombardamenti aumentarono. Il 30 gennaio 1971 reparti americani appoggiarono l'invasione sudvietnamita del Laos, che si rivelò però molto deludente tanto che di lì a poco le truppe si ritirarono, decimate dagli attacchi dei Nordvietnamiti. Hanoi era riuscita a dimostrare a Nixon che la vietnamizzazione non aveva funzionato e che avrebbe dovuto sedersi al tavolo delle trattative oppure prepararsi ad affrontare una guerra infinita.

La credibilità del governo americano subì a questo punto un rapido declino, favorito anche dalla pubblicazione sul New York Times dei Pentagon Papers, documenti che l'analista del Dipartimento di Stato Daniel Ellsberg aveva divulgato segretamente. Questi documenti dimostravano che i leader americani avevano ignorato gli accordi internazionali, mentito al Congresso e alla popolazione e manipolato i governi di Saigon; la pubblicazione di questi documenti fece crollare la tolleranza degli Americani nei confronti di un impegno prolungato.

Consapevole ormai che una vittoria militare era improbabile, Nixon decise di concentrarsi sulle condizioni da negoziare per il ritiro degli americani e lasciò ai Sudvietnamiti il compito di elaborare eventuali soluzioni militari. Però la prima proposta americana venne rifiutata, e lo stesso accadde per la prima proposta presentata da Hanoi. I colloqui si bloccarono sulla questione del sostegno al governo di Thieu, sulla cui destituzione il Nord insisteva da molto tempo come precondizione a un accordo politico definitivo . Entrambe le parti ritenevano di aver investito troppo nel conflitto per poter cedere su condizioni fondamentali, almeno finché era possibile raggiungere i propri obiettivi attraverso azioni militari: il Nord stava progettando una grande offensiva per il 1972, mentre Nixon volle chiedere l'aiuto di Unione Sovietica e Cina come ultimo tentativo per raggiungere una pace negoziata. Stati Uniti e Vietnam del Nord erano interessati soprattutto al mantenimento del controllo sul territorio fino ad allora conquistato. A questo riguardo gli Stati Uniti avevano dato inizio al Programma Phoenix, mirante ad annullare la struttura politica del FNL individuando ed arrestandone i quadri politici; in molte zone esso ebbe successo, ma in sostanza procurò nuove manifestazioni di sostegno ai rivoluzionari. Il generale Giap invece stava preparando un'ampia offensiva generale per gli inizi del 1972. Hanoi prese a bersaglio l'esercito sudvietnamita abbandonando la tattica precedente, basata su attacchi rivolti alle città principali. I Nordvietnamiti volevano compromettere i risultati della vietnamizzazione e inoltre pensavano che Nixon non sarebbe riuscito ad inviare ulteriori rinforzi.

Il 30 marzo partì la cosiddetta offensiva di Pasqua: si trattava di una grande invasione in cui l'esercito nordvietnamita, insieme ai guerriglieri, attaccò su tre fronti. Ancora una volta, dopo l'esperienza del Tet, gli Americani avevano sottovalutato l'offensiva e si trovarono del tutto impreparati. I soldati comunisti conquistarono Quang Tri e puntarono su Hue; quando Thieu inviò le sue riserve a difendere la città, l'offensiva si spostò nel delta del Mekong e intorno a Saigon. Gli USA reagirono immediatamente e riuscirono ad arrestare l'avanzata dei comunisti grazie all'intervento dell'aviazione. Kinssinger fece allora pressioni sui Sovietici affinché ponessero un freno ai Vietnamiti e dichiarò che gli Stati Uniti erano disposti a concedere alle truppe nordvietnamite di restare nel Sud dopo un cessate il fuoco. Quando il Nord rifiutò l'offerta, Nixon diede inizio ad una forte escalation, ordinando massicci bombardamenti e il blocco navale del Nord.

La reazione americana mise in pericolo la fase di distensione che era iniziata alla fine degli anni '60, ma questo non comportò l'annullamento dell'incontro al vertice tra Nixon, l'Unione Sovietica e la Cina. Le potenze comuniste avanzarono proteste contro le operazioni americane, ma allo stesso tempo incoraggiarono il Vietnam del Nord a raggiungere un accordo di pace. In sostanza, per Hanoi l'offensiva di Pasqua portò a risultati deludenti, mentre gli USA portarono avanti la politica di distensione impensierendo Saigon. Entrambe le forze decisero che erano maturate le condizioni per giungere ad un accordo negoziato. Il governo di Thieu però si rese conto che un compromesso da parte americana avrebbe messo in pericolo la sua posizione per cui si batté contro qualsiasi tipo di accomodamento. Dal canto loro, gli Stati Uniti dimostrarono molto più flessibile il loro sostegno a Thieu e Hanoi rinunciò ad insistere che il governo sudvietnamita si dimettesse a favore di un governo di coalizione al quale avrebbe preso parte anche il FNL, che nel frattempo aveva cambiato nome in Governo rivoluzionario del popolo.

L'8 ottobre Le Duc Tho, il principale negoziatore del Vietnam del Nord, presentò a Kissinger una proposta articolata in nove punti che chiedevano sostanzialmente un cessate il fuoco nel quale i rispettivi eserciti avrebbero mantenuto le zone che già controllavano. Entro 60 giorni, gli USA avrebbero dovuto ritirare le truppe e ci sarebbe stato uno scambio di prigionieri di guerra; una commissione tripartita, formata dal governo di Thieu, dal Governo rivoluzionario del popolo e da un terzo non allineato, avrebbe negoziato un allineamento politico dopo il cessate il fuoco che prevedesse anche future elezioni democratiche nel Sud in vista dell'unificazione finale del Vietnam con la partecipazione statunitense alla ricostruzione del paese . Nello stesso mese si arrivò ad un accordo preliminare e Kissinger si apprestò a discuterne con Nixon e Thieu.

Thieu non venne però informato dei termini dell'accordo, quindi non acconsentì a lasciare le truppe nordvietnamite nel Sud e non accettò la formazione di un governo di coalizione. Hanoi credeva che gli Stati Uniti la stessero usando per tirarsi indietro, accusò gli Americani di aver tradito il patto e i colloqui vennero sospesi; allora Nixon fece arrivare centinaia di aerei e mezzi corazzati nel Vietnam del Sud per rafforzarne l'esercito e convincere Thieu a firmare l'accordo; in privato inoltre il presidente si impegnò ad intervenire militarmente nel caso in cui il Nord avesse violato il patto.

Per rassicurare ulteriormente Thieu e per riportare Hanoi al tavolo delle trattative, Nixon diede inizio al noto “bombardamento di Natale”, consistente in un massiccio bombardamento della durata di undici giorni sulle regioni di Hanoi e Haiphong. Il bombardamento andò però incontro allo sdegno internazionale e il consenso di Nixon scese al 39%, anche se Kissinger era sicuro che l'accordo di pace avrebbe garantito la maggioranza ai repubblicani durante le elezioni di novembre, cosa di cui peraltro lo stesso Nixon non era particolarmente convinto. Tuttavia i bombardamenti ebbero l'effetto sperato: Hanoi si dimostrò disponibile a riprendere i colloqui a partire dal 26 dicembre e l'8 gennaio i bombardamenti cessarono.

Il 27 gennaio 1973 Stati Uniti, Vietnam del Nord, Vietnam del Sud e Governo rivoluzionario del popolo sottoscrissero il patto finale; Thieu aveva dovuto accettare perché Nixon aveva minacciato di firmare l'accordo senza di lui. Ciò nonostante, la posizione di Thieu rimaneva sempre molto debole, ma il suo governo restava ufficialmente in carica; Hanoi, da parte sua, accettò solo provvisoriamente il compromesso.

Via via che l'America ritirava il suo esercito e i suoi funzionari, Saigon si dimostrò tuttavia incapace di reggersi sulle sue gambe, e ad indebolire ulteriormente la sua posizione contribuirono anche lo scandalo Watergate, che vide il presidente accusato di impeachment e costretto a dimettersi, e il calo del consenso della popolazione nei riguardi di Nixon e della sua politica. Per questi motivi, il presidente non poté tener fede alle promesse fatte a Thieu e al Vietnam del Nord, che era stato convinto a firmare gli accordi di Parigi in seguito alla promessa di Nixon di partecipare economicamente alla ricostruzione del paese; in realtà non ricevette mai nessun aiuto. Entro il 29 marzo i reparti americani si ritirarono dal Vietnam; furono lasciati solo 159 marines a guardia dell'ambasciata americana . Anche dopo la firma degli accordi i problemi politici interni al Vietnam rimanevano, tanto che il cessate il fuoco si interruppe per le continue violazioni commesse da entrambe le parti. Per di più, il Sud si trovò a dover fronteggiare una grave crisi economica; infatti, dal 1966 al 1972 gli Stati Uniti avevano sostenuto l'economia sudvietnamita con ingenti flussi di denaro e controllando l'inflazione. Ora, la scomparsa improvvisa di tutto questo aveva provocato l'aumento vertiginoso dell'inflazione, causando una forte impennata della disoccupazione e anche problemi di scorte alimentari; tutto questo comportò lo sfacelo del governo di Saigon. Il presidente Ford rinnovò la promessa di aiuti a Thieu e fece pressioni sul governo affinché venissero incrementati.

Nonostante la situazione di dissesto economico, l'esercito sudvietnamita sferrò alcuni attacchi alla fine del 1973. Gli attacchi più duri ebbero luogo lungo la costa e il delta del Mekong e intorno a Saigon a ottobre, e l'esercito nordvietnamita si dimostrò inizialmente in difficoltà. A causa della carenza di aiuti americani però il Vietnam del Sud si ritrovò in gravi condizioni tanto da dover assottigliare la sua potenza di fuoco in tutto il paese. A questa situazione vanno aggiunte anche le manifestazioni di protesta che si svolsero a Saigon e in altri centri.

I problemi del Sud coincidevano con il cambiamento della strategia di Hanoi: alla fine del 1974, i comunisti si apprestavano ad attaccare direttamente il Sud, con l'obiettivo di porre fine alla guerra nel giro di due anni. Entro il 6 gennaio 1975 le truppe comuniste avevano conquistato la provincia di Phuoc Long e, data la mancanza di reazione da parte degli Stati Uniti, essi si sentirono fiduciosi che gli Americani non avrebbero fatto ritorno in Vietnam. Dopo ulteriori e facili vittorie l'esercito sudvietnamita cominciò a disintegrarsi e Hanoi ritenne di poter rovesciare il governo di Saigon in un breve arco di tempo. L'avanzata portò i comunisti a conquistare Hue e pochi giorni dopo Da Nang; l'esercito proseguì la sua avanzata arrivando a Saigon in meno di un mese.

La vittoria era praticamente sicura e Thieu, anche su consiglio dell'ambasciatore Martin, si dimise il 21 aprile e lasciò il paese. Il suo successore cedette subito il potere a Duong Van Minh, il quale si dimostrò disponibile a raggiungere un accordo con l'FNL. Si sperava che Minh potesse raggiungere un compromesso in extremis e salvare Saigon, che era completamente accerchiata, ma non ci riuscì e la capitale del Vietnam del Sud cadde il 30 aprile 1975: la guerra del Vietnam era finita.

Dopo il 1975 il governo americano si dimostrò ostile nei confronti del paese e cercò di isolarlo dalle altre nazioni. Il presidente Ford continuò a trattarlo come un paese nemico e impose l'embargo commerciale contro tutto il Vietnam. Successivamente il nuovo presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter mise in atto una politica estera che si allontanava dalla politica punitiva dell'amministrazione Ford. Essa si basava sulle questioni della normalizzazione dei rapporti tra i due paesi e degli aiuti: Carter sostenne che dopo la normalizzazione sarebbero arrivati gli aiuti, ma che questi non potevano essere vincolati alla normalizzazione stessa considerato che, secondo il presidente, gli USA non dovevano niente al Vietnam.

Non possono essere tralasciate le situazioni interne di Laos e Cambogia dove, l'insurrezione comunista in Vietnam aveva favorito lo scoppio di insurrezioni comuniste.

In Laos il Pathet Lao si trovava saldamente al potere dopo la fine della guerra, mentre in Cambogia la situazione era un po' più complicata: gli USA avevano sostenuto il governo di Lon Nol che alla fine però capitolò e gli Americani dovettero evacuare la capitale cambogiana Phnom Penh poco prima che questa venisse presa dai khmer rossi. Questi ultimi cacciarono tutti gli abitanti dalle città principali per cancellare la società preesistente e li smistarono in campi di concentramento.

I khmer rossi attaccarono anche molte zone al di là del confine vietnamita, indebolendo ulteriormente la già precaria situazione economica vietnamita. Per risolvere la situazione, i Vietnamiti invasero la Cambogia, presero la capitale e imposero il governo di un comunista cambogiano filovietnamita. Come rappresaglia per aver attaccato il suo stato satellite, la Cina invase a sua volta il Vietnam col beneplacito degli Stati Uniti all'inizio del 1979. Dopo sedici giorni i Cinesi si ritirarono, dichiarandosi soddisfatti dei risultato ottenuti , anche se era chiaro che il costo era stato elevato e che la potenza di fuoco cinese non si era dimostrata schiacciante .

Il Vietnam era completamente isolato a livello economico e cominciò a dipendere in maniera sempre più pesante dall'Unione Sovietica; per porre fine a questa grave situazione, alla fine degli anni '80 Hanoi cercò un compromesso per porre fine all'embargo, e finalmente si giunse a qualche piccolo miglioramento economico.