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L'evoluzione delle uniformi


L’origine delle uniformi militari, si perde nella notte dei tempi (si pensi alle Legioni dell’Impero Romano: Roma aveva eserciti enormi, con diversi corpi e ognuno di essi indossava una propria tenuta ed un armamento particolare). Nell’antichità la presenza ed il riconoscimento delle forze che componevano gli schieramenti in battaglia, erano affidate ancora alle grandi insegne che sventolavano sul campo, recanti emblemi e colori di sovrani e di principi; orifiamma, stendardi, bandiere e vessilli, che indicavano con i loro colori la posizione degli eserciti.
Ma per molto tempo l'uomo non ha avuto una tale necessità, in quanto in principio erano sufficienti le armi e la prestanza fisica di chi le portava, per identificare la figura di un combattente. Con il tempo, però, questo non soddisfaceva più determinati bisogni, venendo man mano ad essere necessario individuare i combattenti, allo scopo di avere una visione globale della situazione in campo.

Da sempre nella chiesa i monaci, ed anche il basso clero, hanno uniformità di abito, per motivi pratici o per devozione. I Templari adottano una completa tenuta bianca, candida con croce rossa, simbolo di purezza nell'assoluta devozione a Dio, al Cristo e al Suo sacrificio per l'Umanità.
A questi si uniscono tanti altri Ordini e Confraternite altamente gerarchizzate ed organizzate, che cercano, in genere, la più umile uniformità, in quanto al servizio di nostro Signore Iddio, che la vanità di vesti ricche e colorate, allontana. Tutta una serie di colori negli abiti, nei mantelli, nelle croci e la loro stessa forma, consente di identificare cavalieri e sergenti, servi e preti, Gran Maestri e schiavi dei vari ordini monastico-militari. Sono vere e proprie uniformi, divise di Fede e di sacrificio.
Ma con le crociate, la situazione cambia e si avverte la necessità di identificare bene i combattenti; comunque si rimane sempre nel campo dell'araldica; così una croce rossa identifica i crociati inglesi, azzurra gli italici, bianca i francesi, verde i fiamminghi. E’ una distinzione solo indicativa e mutevole; in effetti, spesso i feudatari, o anche singoli cavalieri, facevano vestire i propri armati di una vera e propria uniforme. Questo aveva diversi risvolti pratici: riconoscibilità, prestigio e di conseguenza potere, ma anche costi e, per questo, prestigio, in quanto indice di potere economico. Ma si trattava di forze molto limitate.

Le uniformi nella loro concezione attuale, fecero il loro primo apparire (pur se tale datazione a molti studiosi sembra decisamente dubbia), attorno al 1422, con l'incoronazione di Carlo VII re di Francia e l'evidente "uniformità" delle sue guardie del corpo, che indossavano sulla corazza una sorta di corsaletto o brigantina a bande verdi-rosse-bianche e pennacchi sull'elmo, nella stessa alternanza di colori. Inizialmente quindi, l'interesse per le uniformi militari, si limitava soprattutto agli aspetti coreografici, quasi che si trattasse di un fenomeno retto solo da esigenze di ordine estetico.
Nella Guerra dei Trent'anni (1618-1648), l'abbigliamento dei militari dei vari eserciti in lizza, era ancora diversificato e l'unico valido segno di riconoscimento, tra i membri di un determinato reggimento o reparto, era il colore della sciarpa da portare alla vita o sulla spalla. Una forma economica, pratica e anche discretamente valida, per quello che riguardava la riconoscibilità delle proprie truppe, ma assolutamente inadeguata per molti altri versi. Comunque un notevole passo in avanti era compiuto con l'introduzione di livree a forma di stola, che andavano indossate su abiti civili.
Ma l'uniforme vera è propria è cosa ben diversa, non serve solo a farsi riconoscere immediatamente. Una uniforme vuol dire anche essere parte di un'organizzazione e comunque, essere vestiti alla stessa maniera, oltre ad avere molte ricadute pratiche sulle prestazioni dei soldati, anche disciplinari, perciò non deve essere confondibile con nessun altro abito civile. Con l'uniforme si indossa una nuova pelle, che la disciplina, spesso spietata, non di rado abbietta ed ingiusta, rende impossibile togliersi di dosso.

Nel 1670 Luigi XIV decide che la Francia debba vestire le proprie truppe con un'uniforme, oltre che le classiche guardie personali di tutti i regnanti, affinché identificassero i reparti degli eserciti in campo e che questi fossero caratterizzati da una spiccata identità nazionale, che poteva manifestarsi solo attraverso le diverse uniformi indossate; tutto ciò tendeva anche a limitare le devastazioni provocate dai mercenari che combattevano al servizio dei vari feudatari: questi, infatti, al loro passaggio, depredavano il paese in cui si trovavano, disseminando morte e devastazione.
In realtà questi Stati sono poveri ed approssimativi come strutture; in essi è del tutto assente il concetto di servizio del Popolo e della Nazione; prevale l'orgoglio e la rapacità di classe ed individuale, di monarchi, nobili e grandi mercanti.
Ma l’inizio della storia dell’uniforme militare, a buona ragione, può essere collocata in Francia sul finire del secolo XVII, con la duplice esigenza di identificare gli eserciti amici e nemici, distinguendone i vari reparti ed agevolando così le manovre delle proprie truppe.

Assertori di queste nuove dottrine militari, furono strateghi e soldati passati alla storia, primi fra tutti il grande generale sabaudo principe Eugenio di Savoia (Parigi, 18 ottobre 1663 - Vienna, 21 aprile 1736), oltre a Raimondo Montecuccoli, il Gran Condé, il Turenna, John Churcill 1° duca di Marlborough, Gustavo Adolfo di Svezia ed altri.
Il re svedese Gustavo Adolfo, allo scopo di creare un esercito ben disciplinato e regolarmente pagato, con delle distinzioni d'immediato impatto visivo, che non fosse temuto dai civili come una banda di briganti, introdusse la prima uniforme militare. Poi, nel 1670, Luigi XIV ordinò uniformi omogenee per le parate delle sue truppe, il cui colore, materiale e taglio dei vestiti, numero dei bottoni, insegne e guarnizioni furono prescritte con esattezza.

Per volere del Re Sole, infatti, furono emanate le prime norme che disciplinavano la materia. Questa volontà venne espressa con la pubblicazione di alcune ordinanze e fra il 1674 ed il 1690, per opera del Louvois, ministro della guerra di Luigi XIV, veniva stabilito il colore base del giustacorpo - indumento usato anche dai civili - ed i colori per ogni reggimento; nonché la foggia dell'abito stesso, l'introduzione specifica delle varie buffetterie e dell'equipaggiamento militare in genere. Sommariamente possiamo dire che i colori della nazioni belligeranti dell' epoca vennero standardizzati, infatti il blu venne adottato dalle truppe reali francesi, dalle guardie del Duca Vittorio Amedeo II, così come dalle truppe tedesche; i reggimenti irlandesi, inglesi e alcune formazioni spagnole adottarono vestiti rossi; le truppe svizzere erano solite vestire con abiti blu o rossi; i reggimenti nazionali di grigio. La differenza consisteva nel colore diverso dei paramani, dei pantaloni o dei calzetti, la disposizione delle tasche del giustacorpo e l' orlo alle falde del cappello; che però in molti casi era identico tra i diversi ed opposti schieramenti. Nonostante questi "inconvenienti" l'uso distintivo dei colori per i vari reggimenti, si rivelò il primo metodo efficace sul campo di battaglia per distinguere ed individuare le proprie truppe.

Il motivo di questa nuova problematica va ricercato sui campi di battaglia dell' epoca, dove il denso e stazionante fumo, prodotto dell'impiego ormai consolidato e sempre più massiccio delle armi da fuoco, diminuivano la visione delle scontro fra le armate ed impedivano agli stessi comandanti di osservarlo in modo nitido e chiaro. Occorreva un sistema per individuare i reparti e l'adozione dei colori distintivi fu la soluzione ideale. Nonostante le modifiche e gli accorgimenti poc'anzi nominati, l'abito militare sul finire del 1600 non differiva molto da quello civile e l'impegno e sforzi dei vai sovrani dell'epoca per uniformare le proprie truppe non sempre veniva corrisposto, Prova ne è che gli ufficiali, di qualsiasi nazione presa in esame, provenendo per la maggior parte da famiglie nobili ed illustri si sentivano autorizzati ad indossare capi di taglio civile riccamente orlati di merletti, pizzi e galloni dorati o argentati. Solo verso la metà del XVIII secolo la regolamentazione del vestiario militare subì un irrigidimento ed un controllo più attento ed oculato, in modo particolare sulle stravaganze degli ufficiali, che vennero codificate e con il reiterato obbligo di vestire l' uniforme del proprio reggimento. Per capire quanto fosse radicata l'idea in questi gradi di non essere vincolati alle disposizioni vigenti per l'esercito, basti pensare che lo stesso Carlo Emanuele III, ancora nel 1750, dovette emanare un regolamento ad uso esclusivo degli ufficiali per la regolamentazione e la disciplina dell'uniforme.
L'esperienza maturata col tempo - ma soprattutto sui campi di battaglia - fece maturare l'uso e la disciplina di un'altro importante simbolo prettamente militare: i gradi. Siamo ormai ai primi decenni del 1700 e la simbologia dei gradi venne così codificata e determinata dalla quantità e qualità dei galloni da apporre sul cappello, sui paramani, sull' abito e alle gualdrappe dei cavalli. Questa simbologia fu estesa anche ai sottufficiali, ai quali vennero assegnati, in base al grado, galloni in lana di colore giallo o bianco; in base ad una codificazione reggimentale molto più complessa, che variava da nazione a nazione. In questo periodo si può asserire che le differenze tra l'uniforme e l'abito civile sono ormai evidenti e definitive, tanto che a seguito delle già citate esperienze acquisite durante gli interminabili scontri che sconvolsero l'Europa di quegli anni, l'abito militare iniziò un' evoluzione dettata dalla praticità nei movimenti e la riduzione dei costi di approvvigionamento - considerato il numero sempre crescente di uomini in armi. Le migliorie apportate al pesante e abbondante giustacorpo, scomodo durante le marce e tanto più nei combattimenti, venne sviluppato "involontariamente" dagli stessi soldati impegnati nei conflitti, i quali presero come abitudine quella di ripiegarne le falde per avere maggiore mobilità e meno ingombro.

Nacquero così i risvolti. Il motivo economico citato poc'anzi, cioè di equipaggiare e mantenere consistenti armate sul piede di guerra, portò a ridimensionare il volume e metraggio delle uniformi; i giustacorpi vennero ridimensionati e si fecero più attillati, mentre i paramani diventarono più piccoli e meno abbondanti. Stessa sorte subirono i pantaloni, che vennero diminuiti in ampiezza e ristretti. Precursore di queste innovazioni fu all'inizio del 1700 il padre di Federico il Grande, Federico Guglielmo I - Grande Elettore di Brandeburgo. Questo, infatti, fu uno tra i primi sovrani europei a fare indossare alle proprie truppe una redingote stretta in vita e aperta sulla parte inferiore del petto. Con l'adozione di questo nuovo capo di vestiario nacquero i risvolti al petto, che altro non erano che dei prolungamenti del bordo superiore della redingote, abbottonati durante la bella stagione sia a destra che a sinistra della stessa, in modo da mettere in vista la fodera, solitamente del colore reggimentale, e chiusi durante la brutta stagione. Con questo indumento la parte anteriore del soldato era svincolata dalle ampie falde del giustacorpo di qualche decennio prima, gli arti inferiori erano finalmente liberi di muoversi con agilità e comodità.
Le falde furono limitate alla parte posteriore - formando una coda di rondine - e i risvolti vennero orlati con i colori reggimentali. Questo capo di vestiario dominò i combattimenti e gli scontri degli eserciti europei fino, e ben oltre, l'epoca napoleonica, beninteso con qualche ulteriore modifica, peraltro poco sostanzialePer quanto riguarda il copricapo, bisogna distinguere il diverso uso e, quindi, la diversa trasformazione subita durante gli anni. La fanteria calzava alla fine del 1600 un cappello a larghe falde, di foggia tipicamente civile, in alcuni casi nemmeno orlato. Anche in questo frangente le esigenze pratiche portarono ad innovazioni in merito. La necessità di portare il fucile a tracolla, durante le lunghe marce, nonché le numerose azioni per armarlo, caricarlo e sparare durante gli scontri, fecero si che le falde a poco a poco venissero rialzate e fissate e nacque il tricorno. Questo con gli anni venne dotato di una ganza, solitamente di metallo, chiusa da un bottone anch'esso di metallo e di una coccarda di colore diverso in base alla nazione. Questo copricapo venne usato per tutto il XVIII secolo e fu il precursore del bicorno. Diverso discorso fa fatto per i reparti di granatieri e guastatori, i quali già all'atto della loro costituzione adottarono un copricapo più pratico e consono alle proprie esigenze operative, cioè una berretta, quella usata solitamente nei servizi di casermaggio, che col tempo fu progressivamente abbellita dando origine a due fogge differenti: il berretto di pelo d'orso, tipico dei Francesi, Italiani, Austriaci e Inglesi; e la mitra in uso particolarmente in Russia e Prussia.

Un accessorio che col passare del tempo divenne sempre più importante, e lo è tuttora, sotto l'aspetto pratico e decorativo fu l'introduzione delle spalline. Anche la nascita di questo particolare "accessorio" fu dettato dalla praticità. Per evitare che il fucile portato appeso alla spalla, mediante cinghie di cuoio, scivolasse continuamente arrecando fastidio, disagio ed imbroglio, si pensò di cucire sulla spalla, solitamente la destra all'inizio, un pezzo di stoffa fermato da un bottone che permettesse al fante di non doversi più preoccupare dello scivolamento della propria arma. Da accessorio, le spalline, si trasformarono col tempo in un vero e proprio capo d'abbigliamento militare, regolamentato e portato con orgoglio dai soldati. Passiamo ora alle calze, di chiara provenienza civile, l'uso di questo capo serviva come protezione alle gambe ed in campo militare ebbe un uso massiccio e globale. Nel XVII E XVIII secolo il fante tipo indossava lunghe calze che arrivavano fin sotto il ginocchio e che andavano a sovrapporsi alla parte finale dei pantaloni. Le calze venivano assicurate da lacci o da giarrettiere. Col tempo, ma questa circostanza non è contemplata nel periodo a cui ci si riferisce, le calze vennero sostituite dalle ghette a protezione dei polpacci e delle caviglie , solitamente di pelle conciata di colore nero o bianco. I pantaloni, penso che a questa affermazione vi siano poche obiezioni, furono l'unico indumento che subì le minori modifiche, rimanendo quasi invariato. Le uniche variazioni furono quelle apportate per seguire la sorte degli altri capi di vestiario, cioè vennero sempre più ridimensionate e ristrette, diventando alla fine del XVIII secolo vere e proprie culottes. Il caso vuole che il colore predominante sia stato quasi sempre il bianco. Stessa sorte ebbero le scarpe, variarono solamente nella foggia, a fine secolo acquisirono una forma più tondeggiante, ma la fattura, la chiusura ed il modello fu sostanzialmente sempre quello adottato dai fanti di fine '600, inizio '700.